No spreco
Quando si parla di riduzione degli sprechi, la filiera bovina ne rappresenta un buon esempio. Nel settore zootecnico sono presenti filiere particolarmente efficienti, ma a quella bovina spetta in un certo senso il primato. Le caratteristiche intrinseche dei prodotti di origine bovina consentono un’alta varietà di possibili utilizzi, spaziando dal settore alimentare a quello della pelletteria, da quello farmaceutico a quello della cosmesi, fino all’importante settore energetico.
La riduzione degli sprechi è legata a vari fattori che agiscono lungo le diverse fasi della filiera bovina. Durante l’allevamento e la prima trasformazione, gli sprechi sono praticamente azzerati perché la carne eventualmente prodotta in eccesso negli impianti di trasformazione viene conservata grazie ai sistemi di surgelazione o di cottura. Nelle fasi di distribuzione, invece, le maggiori cause di spreco sono costituite dal superamento della data di scadenza e da possibili interruzioni della catena del freddo, fattori che possono impedirne la vendita. La fase in cui si genera la maggior parte del pur limitato spreco di carne bovina è però quella finale del consumo domestico.
Perchè e dove si genera lo spreco
La filiera agroalimentare si suddivide in numerosi passaggi che comprendono operazioni agricole, industriali e di distribuzione. Ciascuna di queste presenta diversi gradi di efficienza e tipologie di perdite e sprechi. Questo fenomeno interessa quindi tutti i segmenti della filiera produttiva, dal settore primario all’industria di trasformazione, dalla distribuzione alla ristorazione collettiva e commerciale, fino al consumo domestico.
Le fasi in cui si hanno le maggiori perdite sono collocate agli estremi della filiera, ossia nella produzione agricola primaria e nel consumo domestico; forte del valore intrinseco della sua produzione, l’allevamento è invece tra le fasi caratterizzate dal minore spreco in termini percentuali.
Il settore delle carni è comunque meno esposto al fenomeno dello spreco, sia dal lato della produzione che da quello del consumo. Nonostante la natura deperibile del prodotto commercializzato, infatti, la filiera bovina determina i minori sprechi sociali.
Questo si deve essenzialmente alla struttura e all’organizzazione della produzione, che permette la lavorazione dei sottoprodotti in numerosi processi secondari, ed al valore economico, culturale e sociale attribuito dai consumatori alla carne bovina e ai suoi derivati.
Il recupero di materia inizia già in fase di allevamento, grazie alle particolari proprietà degli stallatici bovini utilizzati per la produzione di biogas e quindi di un loro recupero in forma di energia elettrica e termica; ma è soprattutto la fase di prima trasformazione che rende possibile un maggior contenimento di perdite di prodotto, grazie ai molteplici utilizzi dei sottoprodotti e coprodotti derivanti dalla lavorazione del bovino. La stessa carne bovina si presta a numerosi processi di conservazione, basati sul calore, come per la produzione di carne in scatola o sul freddo come per i prodotti surgelati.
Nelle fasi di distribuzione, meno elastiche nelle possibilità di reimpiego del prodotto, si colloca una significativa causa di spreco, che si genera per la deperibilità del prodotto
e quindi il superamento della sua data di scadenza; la risposta più efficace a questo problema può essere affrontata con un’oculata gestione degli ordini e delle scorte.
Il consumo domestico della carne bovina rappresenta un’altra importante fonte di spreco, ma in via di riduzione per una più spiccata consapevolezza dei consumatori del valore di questo prodotto. Una maggior propensione al recupero emerge anche da ricerche sugli stili di consumo domestico che, tra le altre cose, evidenziano la tendenza a congelare l’alimento prossimo alla scadenza per evitare gli sprechi (51%) e di fare la spesa più frequentemente, riducendo così le scorte di alimento nella dispensa di casa (49%).
Filiera bovina: virtuosa contro gli sprechi
La possibilità di recupero e valorizzazione di coprodotti e sottoprodotti derivanti dalla lavorazione del bovino è molto ampia ed articolata. Tanto da porre questa filiera come un esempio virtuoso di economia circolare: concetto ormai noto che non deve essere inteso come semplice riduzione degli scarti. La circular economy, infatti, va considerata come un vero e proprio modello economico in cui lo scarto viene eliminato all’origine ed ogni prodotto che si genera nella trasformazione trova un suo specifico indirizzo produttivo di valorizzazione e specifico segmento di mercato: un ecosistema intelligente di processi industriali tra loro integrati e complementari.
In un periodo storico in cui il concetto di economia circolare sta giustamente assumendo sempre più importanza, è opportuno descrivere i tanti prodotti che si ottengono da questo animale, alcuni dei quali del tutto impensabili ed affascinanti, che si aggiungono alla carne e al latte.
Tra i numerosi sottoprodotti e coprodotti del bovino si ricordano:
• il cuoio destinato a borse, scarpe, cinture, per ricoprire i divani e i sedili delle auto;
• il caglio naturale necessario per la produzione di formaggi;
• grasso e sego destinati a mangimi, saponi e cosmetici;
• le ossa consentono la produzione di proteine alimentari per l’uomo o gli animali d’affezione e fertilizzanti naturali di alto valore come il perfosfato d’ossa, così come i tessuti cheratinici quali corna e zoccoli produttori della famosa cornunghia utilizzata in agricoltura biologica e biodinamica;
• il collagene bovino proveniente da parti ossee, cartilaginee e cutanee è destinato a prodotti biomedicali utilizzati ad esempio in campo ortopedico ed odontoiatrico per le sue proprietà fisiche. È inoltre il costituente delle capsule dei farmaci destinati ad essere assunti per via orale. Parti ricche in collagene vengono utilizzate anche per la produzione di articoli da masticare destinati agli animali da compagnia.
• il pericardio rappresenta la materia prima d’elezione per la produzione di valvole cardiache per uso umano
• gli stallatici ed altre parti non edibili utilizzate a fini energetici, tramite la produzione di biogas ed altri combustibili;
• il sangue bovino, destinato alla produzione di proteine plasmatiche per l’industria alimentare, grazie alle particolari proprietà di queste proteine, analoghe a quelle dell’uovo, di legare parti grasse e magre, conferendo elasticità ed omogeneità ad impasti carnei.
• quantità più elevate di ossa e altri tessuti non destinati al consumo alimentare umano sono invece utili per la produzione di farine proteiche, fertilizzanti e cibi o giocattoli per animali da compagnia come cani e gatti, generalmente fabbricati con le cartilagini dei bovini.
Questi sopra elencati sono infatti solo alcuni esempi di co-prodotti o sottoprodotti della carne bovina che trovano un efficiente reimpiego produttivo. Basti pensare che, da un singolo capo di bestiame, si possono ottenere centinaia di diversi prodotti.
Il bovino: l'erbivoro che trasforma la cellulosa in proteine
C’è chi dice che il bovino è l’animale più generoso del pianeta. E probabilmente ha ragione.
Basti pensare che ci offre carne e latte, alimenti ad elevato valore nutrizionale, ottenuti grazie all’attività del rumine, l’organo che consente la trasformazione di una sostanza per noi indigeribile come la cellulosa nelle proteine più preziose.
Il rumine rappresenta l’anello di congiunzione tra il mondo vegetale e animale e un punto cardine nella catena alimentare del pianeta.
Chi tende a considerare i bovini come dei grandi inquinatori, forse non considera l’importante ruolo insostituibile di questo animale nel fornire prodotti che ci accompagnano in ogni fase della vita, generando un’infinità di processi collaterali di grande valore economico ed ambientale.
La filiera bovina è uno degli esempi più virtuosi di economia circolare nel mondo agricolo: tutti i prodotti e i sotto-prodotti dell’animale vengono valorizzati in diversi settori produttivi.